In
quasi tutti i paesi i partiti politici si distinguono tra
conservatori, liberali, democristiani e socialdemocratici e, in base
a queste ideologie, si formano alleanze e governi. In Ucraina,
secondo paese dopo la Russia dell’ex Unione Sovietica, i blocchi
sono sostanzialmente due e niente hanno a che vedere con le tipologie
sopra elencate.
Si
parla di partiti filo-occidentali ed europeisti contro partiti
filo-russi ed euroscettici. L’attuale presidente Viktor Yanukovich
fa parte del Partito delle Regioni, gruppo di maggioranza
nell’alleanza filo-russa, e intorno al suo nome ruota tutta quella
che è la storia ucraina degli ultimi 10 anni.
Era
il 2004 quando Yanukovich, già da due anni primo ministro, si
candidava alle elezioni presidenziali, per sostituire dopo oltre un
decennio di presidenza il suo padre politico Leonid Kuchma. Il suo
sfidante era Viktor Yushenko, leader del blocco europeista chiamato
Nostra Ucraina, alleato con il partito Patria di Yulia Tymoshenko.
Yushenko, che era anche stato avvelenato durante la campagna
elettorale, risultava secondo i sondaggi il vincitore sicuro, ma lo
spoglio delle schede vedeva in testa i partiti filo-russi.
Convinto
di essere vittima di brogli elettorali, Yushenko, radunò sempre più
manifestanti in piazza Maidan, luogo centrale di Kiev, e dopo due
settimane di proteste ininterrotte, la corte suprema ucraina invalidò
le elezioni.
La
rivoluzione arancione, nome con cui è conosciuta nel mondo questa
protesta, porterà al successo elettorale Yushenko nella tornata
elettorale regolare e lo proclamerà nuovo presidente.
Durante
quasi tutto il suo mandato sarà primo ministro l’alleata Yulia
Tymoshenko, ma questi governi non furono altro che periodi di lunga
paralisi politica e promesse non mantenute.
Nel
2010, alle nuove elezioni presidenziali, Yanukovich riuscirà a
sconfiggere la candidata Tymoshenko e a diventare nuovo presidente di
Ucraina.
I
governi sotto di lui si caratterizzeranno per una forte influenza
russa e per un secco no all’Europa.
L’opposizione
subirà subito un brutto colpo, con l’arresto “vagamente”
politico della propria leader Tymoshenko, denunciato anche dalla
corte per i diritti dell’uomo.
Dopo
i duri rapporti con Putin degli anni precedenti, caratterizzati da
uno stop russo della fornitura del gas, con Yanukovich la Russia
investirà l’equivalente di 15 miliardi di dollari in titoli di
stato dell’Ucraina grazie ai quali ridurrà il prezzo del gas che
fornisce al paese, circa un terzo della fornitura totale.
Naturalmente questi stretti rapporti con Putin non piacciono ai
partiti di opposizione, che a metà dicembre scendono in piazza per
chiedere l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e per
rompere ogni rapporto di sudditanza nei confronti di Mosca.
Le
leggi anti-manifestazione varate da Yanukovich lasciano
tranquillamente intervenire in modo violento la polizia e semplici
proteste in pochi giorni sfociano in vere e proprie violenze.
Barricate
lungo le strade, occupazione di ministeri, a tratti inizio di guerra
civile, portano dopo qualche settimana il presidente a incontrare i
principali partiti di opposizione, a far dimettere il suo delfino
Azarov, attuale primo ministro, cercando la formazione di un nuovo
governo di stampo filo-europeo e a ridurre le leggi anti-proteste.
I
partiti filo-Europa presenti nelle manifestazioni sono soprattutto 3:
il più grande è l’ormai noto Patria, che dopo l’arresto della
Tymoshenko vede a capo Arseni Iatseniuk. Come ideologia si può
collocare vicino al Partito Popolare Europeo. Insomma, di stampo
conservatore.
C’è
poi il partito UDAR (Alleanza Democratica Ucraina per la Riforma),
liberale, guidato dal carismatico Vitali Klitschko, “eroe in
patria”, ex pugile tre volte campione del mondo nei pesi massimi,
probabile futuro candidato presidente.
Ultimo
è Svodoba, in italiano Libertà, partito nazionalista di estrema
destra guidato da Oleg Tiagnybok, da sempre statalista, contro i
privilegi indipendentisti della Crimea ha come cavallo di battaglia
l’abolizione dell’IVA.
Partiti
diversi se presi ideologicamente, ma accomunati dal desiderio di
entrare in Europa, di sottarsi dalla egemonia della Russia e da un
forte sentimento patriottico. Yanukovich ha proposto il governo del
paese a Iatsenuk, che però ha rifiutato.
L’unico
accordo che pare essere stato raggiunto è quello sull’amnistia per
gli antigovernativi arrestati, solo a patto che le opposizioni
liberino gli edifici pubblici che ormai da giorni stanno occupando.
La
situazione è quindi ancora molto calda in un paese in cui la
politica è molto difficile da capire per chi la guarda dall’esterno,
per un paese in cui non c’è la solita destra e sinistra a
rimbalzarsi la palla.
Il
punto di frattura che va a creare i due schieramenti sta
nell’inquadratura dell’Ucraina a livello internazionale.
Con
le elezioni presidenziali distanti solo un anno il clima non può
andare che ad arroventarsi ulteriormente in questa democrazia di
fatto illiberale in cui le regole si fanno e si disfanno a seconda di
come fa più comodo.
Francesco
Rossi
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