È ormai risaputo che il Sudamerica sia uno dei continenti in cui il “melting pot” è meglio riuscito al mondo.
Una mescolanza di
etnie, lingue, tradizioni, proveniente da tantissimi paesi del globo.
Tra
le varie comunità, c’è anche quella importantissima italiana:
forse non tutti sanno che la metà della popolazione argentina, cioè
circa 20 milioni di persone, ha origine italiana, e così in tanti
altri paesi latini.
Così
come anche l’Uruguay: molto più piccolo per dimensioni e
popolazione, su circa 3 milioni e mezzo di persone, il 43% degli
uruguaiani ha qualche lontano parente proveniente dal Belpaese.
Spiccano tra di loro anche personaggi noti nella regione
d’Oltreoceano: calciatori, politici e generali.
Uno
di loro, però, ha attirato la mia attenzione.
Sua madre era italiana, di umilissimi origini. Forse è stata proprio
l’impronta materna ad insegnargli il valore del lavoro, del
rispetto e della legalità.
Sì,
perché fino ad ora questa potrebbe apparire come una “normale”
storia di un giovane sognatore che si identifica coi valori della
Sinistra, partecipando sin dal 1962 al sogno socialista dell’Unione
Popolare Uruguaiana.
Non
abbandonò i suoi ideali nemmeno durante la dittatura degli anni ’70,
che lo vide impegnato nelle prime file dei combattenti per la
democrazia. Più d’una volta venne arrestato, ma quando la
dittatura finì (1985), venne definitivamente liberato: proprio da
quell'anno, la sua carriera politica fu costellata di successi.
Le
elezioni del 2009 l’hanno consacrato come il Presidente
dell’Uruguay, stravincendo con circa il 52% dei voti. Instauratosi
il 1° marzo 2010, da quel momento, la sua storia si è trasformata
letteralmente un mito, divenendo un esempio da seguire per molti
altri presidenti.
Oltre
a essere da sempre vegetariano e particolarmente vicino alle
questioni dello sfruttamento degli animali, Mujica ha fondato il suo
impegno politico all'insegna della depenalizzazione dell’aborto e
del riconoscimento dei matrimoni gay (questioni molto delicate e
all'avanguardia in campo di diritti civili, in un paese che fa parte
del continente più cattolico del mondo); ma anche della
legalizzazione della marijuana (affinché vengano limitati i danni
del consumare erba, proprio per questo considera la
tossico-dipendenza una malattia e combatte il narco-traffico, oltre
aver varato una campagna dedicata ai giovani per mostrare gli effetti
dell’utilizzo della cannabis).
Mujica,
inoltre, è divenuto famoso, non soltanto nel suo paese, anche grazie
al soprannome di “presidente povero”, nonostante egli abbia
dichiarato alla BBC :” […] ma
io non mi sento povero. I poveri sono coloro che lavorano solo
per cercare di mantenere uno stile di vita costoso, e vogliono sempre
di più. E’ una questione di libertà. Se non si dispone di molti
beni allora non c’è bisogno di lavorare per tutta la vita come uno
schiavo per sostenerli, e si ha più tempo per se stessi”.
Già,
ma perché questo soprannome? Semplice: dei circa 12.000 dollari che
riceve come stipendio, ne trattiene solo 1.500 (circa 1.000€),
donando il resto in beneficenza ad associazioni no-profit,
non governative e persone bisognose (ha detto:"Questi soldi mi
devono bastare perché ci sono molti uruguaiani che vivono con molto
meno!").
Ha rinunciato inoltre a vivere nel palazzo presidenziale, preferendo
una vecchia fattoria che condivide con la moglie e dove ama coltivare
la terra, e alle auto blu, guidando ancora il suo vecchio Maggiolino
degli anni ’70.
Le
sue ultimissime battaglie si sono svolte attorno, oltre che alla già
ricordata completa legalizzazione della marijuana, anche in ambito di
ecologia ed eco-sostenibilità (sostenendo le piccole aziende
agricole uruguaiane, contro i poteri forti delle multinazionali), di
cui non posso non citare uno dei discorsi più commoventi e forti (ma
anche rivoluzionari) dello stesso “Pepe” attorno al tema della
felicità, pronunciato alla Conferenza
delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile Rio+20,il 21 giugno
2012 (http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=uUSzzOHUJ_Y); e in
materia di disarmo della popolazione.
Infatti,
per questa ultima questione, Mujica ha lanciato una nuova campagna
chiamata “Armas para la vida”: grazie a questo progetto, chi
consegnerà la propria arma, riceverà in cambio o una bicicletta (un
mezzo per muoversi e spostarsi in modo sostenibile) o
un computer (un mezzo di conoscenza e comunicazione).
Insomma,
Mujica sta insegnando tanto, sta diventando scuola, non solo per i
futuri governanti del paese sudamericano, ma anche e soprattutto per
le potenze industriali, per i politici dei paesi occidentali; è la
storia di un uomo, di un sognatore, di un idealista, che non ha mai
rinunciato ai propri progetti, ai propri valori, ma che ha saputo, al
contrario, stringere i denti anche i momenti difficili, per vedere
realizzata la propria visione per il suo paese.
Una
vita, insomma, che non passerà in secondo piano, una lezione che non
potrà essere dimenticata tanto facilmente.
RICCARDO ROBA
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